Che dire, oggi mi sento una carica pazzesca, eppure dovrei essere stanca, anzi lo sono certamente, la testa gira un po’ per la “cervicale”, qualche dolorino alle gambe c’è…
Beh, ieri sveglia alle 3.30 per prendere parte alla prima uscita sezionale del 2020 di alpinismo (in questo caso alpinismo invernale su un canale di neve), partenza alle 5.00 direzione Recoaro Terme, sosta rapidissima in autogrill per il cappuccino, prima delle 9.00 siamo già con i ramponi e la picozza (dopo aver scampato il pericolo di romperci l’osso del collo nel parcheggio tirato a lucido come una pista di pattinaggio!), pronti a salire il Vajo dell’acqua, dato per facile sì, massimo 50°, ma lungo, lunghissimo, coi suoi 700 mt di dislivello.
E via che si inizia a salire… prima su roccette miste a neve, sensazione per me nuova, e poi, finalmente, su neve, a tratti morbida, a tratti dura e ghiacciata, a tratti sui cumuli sconnessi scaricati i giorni prima.
E’ passato un po’ di tempo da quando ho messo per l’ultima volta i ramponi, bisogna riprendere confidenza con i passi da fare e i gesti da coordinare, ma c’è la voglia di non rimanere indietro, di farcela, perché è quello che vuoi… anche se la fatica è tanta, tantissima.
Premesso che per tutta la giornata avevo solo due barrette in tasca perché i panini li avevo lasciati in frigo!!!, fortunatamente Roby due panini in caso di bisogno e un bel the caldo e zuccherato ce l’aveva…
E’ stata dura, un po’ per la lunghezza, del vajo, per il ritmo, i passi lunghi per cercare di sfruttare i solchi già esistenti, la neve che a tratti sfondava e non ti faceva avanzare. Una sola brevissima pausa per non raffreddarsi, subito trasformata in un’occasione per provare come si pianta la picozza nel terreno per fare una sosta e presto si riparte… quella cresta sempre lontana…
Poi la proposta: facciamo la variante con un paio di muretti finali sui 60° di pendenza? E io… perché no?!… animo sereno, convinta di stare facendo una cosa bella… la fatica non è un nemico da evitare, è lì, sta con te, fa quasi compagnia, ma poi passa, è una condizione temporanea, e anche la salita, così lunga… è solo un punto di vista dico sempre io… man mano che sali sembra sparire… e lì, su quell’ultimo muro, beh… guardo su… è “drittino” in effetti… guardo in basso… beh, che dire, c’è un bello scivolo lungo 700 metri giù di sotto! Ma io voglio stare lì.
Ho gli attrezzi che servono, devo solo usarli correttamente, da sopra intanto arriva il tifo… un passo alla volta salgo, stanno sopraggiungendo i crampi e tutta la fatica dei 700 metri già fatti nelle gambe… mentre sono qui che scrivo rivivo con grande nitidezza quei momenti, i pensieri di quegli istanti, devo farcela io… ho i mezzi e le capacità e poi… eccomi sbucare su una crestina stretta ma non strettissima, il sole all’improvviso! Una vista spettacolare a 360°. Siamo sopra le nuvole.
Peccato per il vento che ti strappa via… ammetto, non lo amo. Colpa sua se oggi ho il torcicollo! Ma la soddisfazione ENORME di arrivare in un posto, una vetta, per piccola che possa essere, dà ancora più senso a tutto.
La soddisfazione condivisa coi compagni raccontandosi emozioni e fatiche di questa salita, qualche foto e poi si scende per un sentiero a mezza costa, così stretto che a tratti non si vedeva nemmeno la traccia dello scarpone e giù, giù, giù assaporando il panorama, le gambe sono “cotte” per cui bisogna rimanere molto vigili per non inciampare, cosa facilissima quanto pericolosa coi ramponi.
Un trio che è stato dietro di noi fin dal parcheggio cerca di tagliare, ma alla fine non poi così vantaggioso, altri due tornanti e il rifugio Cesare Battisti è lì.
Arriviamo, c’è un po’ di movimento, anche famiglie, escursionisti coi cani. Ci cambiamo e poi ci accomodiamo per un meritatissimo pasto, condividiamo il tavolo col trio e altri alpinisti.
Mi sento anche io un’alpinista… anche se so bene che i veri alpinisti sono ben altro, nel mio piccolo oggi lo sono. Sento di essere dove e come volevo essere.
Oggi, lunedì, mi sento galvanizzata, quasi dopata… saranno forse le endorfine o forse la carica che deriva dall’avere avuto la possibilità di misurarsi con se stessi e avercela fatta! Sono stata sempre affascinata dall’alpinismo invernale, ma cerco di avvicinarmi alla montagna con prudenza e rispetto, in questo caso ancora di più…
Coi compagni di salita abbiamo cercato di valutare bene le condizioni meteo, fisiche, la lunghezza, difficoltà… certo si poteva azzardare qualcosa di più, certamente sarebbe stato più “figo” sbandierare altri numeri… ma proprio perché mi sono misurata con qualcosa alla mia portata, mi è stato possibile rimanere sul pezzo (e sul muro!), anima e corpo, godermi tutto, dall’inizio alla fine e portarmi a casa quest’esperienza… che mi accompagna anche oggi… un grazie a Andrea B., Massimo U., Roby, anche per la piacevole compagnia in auto, in cui si è parlato di tutto, di libri, alpinismo, cucina, progetti di vita e di altre salite assieme…
Gerardina